Lo studio della sinestesia è complesso e molto articolato. Il termine nasce alla fine dell’ Ottocento e trova luogo di diffusione e legittimità scientifica in Francia e in Inghilterra , per indicare un fenomeno percettivo umano molto particolare che riguarda l’incontro tra i vari sensi. Proprio in questo periodo nasce la psicologia sperimentale che inizia a dedicarsi a questa manifestazione percettiva che in sostanza esplicita interconnessioni tra i sensi.
Theodore Flournoy (1854-1920) è tra i primi a studiare il fenomeno fornendo una rassegna sistematica. Un certo individuo, ad esempio, esperisce regolarmente una impressione di rosso quando sente il suono a. Un altro, pensando a un numero, non può impedirsi di figurarselo sempre come un punto determinato dentro una certa curva. Un terzo concepisce involontariamente il mese di febbraio sotto forma di un triangolo. Per un quarto il lunedì è un uomo abbigliato di blu. E così di seguito, senza che sia possibile scoprire nelle esperienze passate dell’individuo la causa di associazioni tanto barocche (Flournoy, 1893, p. 1).
Il termine sinestesia deriva dal greco sin = συν (attraverso) estesia = αισθησίσ (percezione) ed indica una contaminazione dei cinque sensi nella percezione del percepibile. Più semplicemente indica quelle situazioni in cui una stimolazione uditiva, olfattiva, tattile o visiva è percepita come due eventi sensoriali distinti ma conviventi. Nella sua forma più blanda è presente in molti di noi, basta pensare a quelle situazioni in cui il contatto o la presenza di un odore o di un sapore ci evoca un’altra reazione sensoriale (la vista della frutta che viene percepita anche come sapore) ed è dovuta spesso al fatto che comunque i nostri sensi, pur essendo autonomi, non agiscono in maniera del tutto isolata e distaccata dagli altri. C’è da dire che la parola sinestesia nel tempo ha assunto diverse accezioni. Una è quella che abbiamo definito sopra, intesa nella sua accezione tecnica di sindrome nella quale “la stimolazione di un senso fa scattare automaticamente una percezione in una seconda modalità senza che questa sia stata stimolata direttamenteâ€. Nell’Ottocento era indice di una forma deviante, una sindrome, genetica o acquisita, che caratterizza un numero ristretto di persone. Da molti considerata come una patologia.
Nel Novecento continua in parte questa definizione del termine sinestesia , grazie anche alla psicologia cognitivista e comportamentista che hanno accantonato il problema perché ritenuto privo di fondamento scientifico.
Solo negli ultimi vent’anni lo studio sulla sinestesia dà segni di ripresa, oggi è soprattutto la neuroscienza ad affrontare il problema.
Un filone di ricerca intende la sinestesia come caratteristica specifica dell’uomo. La ricerca di Marco Mazzeo (Storia naturale della sinestesia. Dalla questione Molyneux a Jakobson, Quodli bet, 2005) ad esempio avanza un’ipotesi estrema: che la sinestesia costituisca un tratto essenziale della natura umana, che ci distingue dalle altre forme viventi sia a livello percettivo che linguistico. La questione Molyneux potrebbe essere così la prima pietra di una nuova scienza dell’umano ancora da costruire.
Herder riconosce nelle capacità sinestetiche uno degli spartiacque fondamentali tra ambiente animale e mondo umano; Mazzeo sottolinea il fatto che la specie umana sia quella più sinestetica all’interno del regno animale, in quanto la meno specializzata e la più generica e che lo scarto tra animali umani e non umani sia di natura percettiva e prelinguistica: gli Homo sapiens prima di qualsiasi attività verbale sono già in grado di effettuare trasferimenti sinestetici più complessi degli altri primati. Inoltre, costitutivo della nostra specie è un carattere di cronica immaturità (neotenia) che garantisce una plasticità biologica tale da consentire una ristrutturazione sensoriale ripetuta nel corso dell’ontogenesi. Mazzeo indaga più da vicino i rapporti tra sinestesia e linguaggio sottolineando l’importanza della parola per la percezione, come già messo in evidenza precedentemente da Leibniz e Diderot. Qui, però, la fondazione non è più a senso unico: sia la parola rafforza e amplia la tipologia delle connessioni sinestetiche, sia, viceversa, è la sinestesia che si pone come la condizione di possibilità stessa del linguaggio. E il luogo privilegiato in cui emerge il legame tra sinestesia e linguaggio è individuato nell’elemento creativo della metafora.