MODELLO TATTILE SINESTETICO

A POMPEI ANCHE I NON VEDENTI VEDONO I DIPINTI
Ercole infante, Pompei.jpg Nel cuore della città antica il primo “modello tattile sinestetico” applicao all’archeologia: percezione tattile attraverso una trasposizione a rilievo operata su resina, e associazione tra colori e suoni per cogliere le differenze cromatiche. Sperimentazione sull’Eracle infante della Casa dei Vettii.
Un modello tattile sinestetico applicato all’affresco del “Ercole infante” della Casa dei Vettii di Pompei, è stato realizzato nell’ambito del progetto di ricerca europeo HELP che ha reso possibile il primo servizio della Soprintendenza archeologica di Pompei rivolto alle persone non vedenti.
Non vedenti ed ipovedenti potranno usufruire di questo particolare strumento sperimentale di percezione attraverso un sofisticato sistema computerizzato e l’ausilio dei suoni e delle audioguide. Il modello è installato nell’auditorium degli scavi di Pompei ed è il primo applicato all’archeologia.
Il modello tattile sinestetico permette ai non vedenti di “vedere” un dipinto.
Il problema della percezione visiva nel caso dei non vedenti può essere scomposto in due problemi: quello della forma e quello del colore. Per la prima, i non vedenti, entro certi limiti di scala, possono avvalersi di una traduzione nella modalità tattile: il mondo delle forme può essere sensorialmente percepito attraverso il tatto.

Nel caso dei quadri, bisogna considerare, inoltre, che si tratta tipicamente di proiezioni bidimensionali e di scene tridimensionali: quando ne osserviamo uno è il nostro cervello che ricostruisce le forme complete a partire dalla vista parziale che la proiezione bidimensionale genera.
Relativamente alla forma – spiegano i promotori – il dipinto che abbiamo voluto porre alla percezione dei non vedenti (l’ affresco di Eracle infante che strozza i serpenti della Casa dei Vettii) è stato reso tattilmente percepibile attraverso una trasposizione a rilievo operata su resina, in modo tale, però, che si possa toccare solo una porzione degli oggetti rappresentati e si debba perciò ricostruire il resto mentalmente.

La soluzione tattile non è ovviamente disponibile per il colore, che è una qualità esclusivamente ottica. Per rendere questo aspetto, abbiamo sfruttato la “sinestesia“: il ben noto fenomeno per cui, in tutti gli individui, un tipo di stimolo percettivo ne evoca spontaneamente un altro, come quando, ad esempio, diciamo che un colore è “caldo” o “freddo”, associando una percezione tattile ad una visiva. Una tipica associazione sinestetica è quella tra colori e suoni, ed è questa che abbiamo sfruttato.
Abbiamo fatto corrispondere a ciascun possibile colore, un suono musicale in modo sistematico: in modo. cioè, che ad ogni variazione del colore corrispondesse una identica (per direzione e intensità) variazione del suono musicale.
Questo è stato ottenuto mediante un algoritmo delle tre variabili che costituiscono qualsiasi colore – tonalità, luminosità e saturazione – con le tre variabili che costituiscono qualsiasi suono musicale – timbro, altezza, intensità.

Perché il non vedente percepisca insieme forma e colore con questo sistema è necessario stabilire una corrispondenza tra il tatto e il suono musicale in modo che il suono corrisponda a quello del colore del punto della forma tattile che il soggetto sta toccando in quel momento.
Questo è stato ottenuto attraverso un tracciatore tridimensionale miniaturizzato che il soggetto non vedente indossa sul dito che “esplora” tattilmente la forma. Il tracciatore comunica istantaneamente la posizione del dito nello spazio, e quindi sulla forma tridimensionalizzata del quadro.

A questa posizione corrisponde ovviamente un certo colore. L’algoritmo può allora operare istantaneamente e produrre il suono musicale corrispondente al colore toccato.
L’apparato sviluppato è la seconda realizzazione del sistema.
E’ stata preceduta dal prototipo sperimentale realizzato nell’ambito del progetto di ricerca europeo HELP. Questo prototipo, identico all’attuale sia nelle modalità di realizzazione del modello plastico tridimensionale sia nel programma che opera la traduzione dei colori in suoni musicali, era stato realizzato sul “Ritratto di giovane donna con liocorno”, il dipinto di Raffaello conservato alla Galleria Borghese di Roma.

Autori:
Direzione progetto HELP: Benedetto Benedetti
Ideazione del sistema e direzione della realizzazione: Francesco Antinucci
Modellazione del dipinto: Paolo Carosone
Ricerca e sperimentazione sulla sinestesia: Sabina Rosafio
Traduzione musicale dei colori: Pierluigi Castellano
Software musicale: Michelangelo Nottoli, Luca Spagnoletti,
Software di tracciamento e integrazione del sistema: Infobyte (Antonio Palmacci)
Soprintendenza Archeologica di Pompei
(fonte: http://www.superabile.it/)

ALCUNI SINESTETI FAMOSI

1Inclinazione (1931).jpg Forse il caso più famoso è quello della famiglia del romanziere russo VLADIMIR  NABOKOV.
Quando, ancora molto piccolo, egli spiegò a sua madre che i colori delle lettere dell’alfabeto dei cubetti di legno con cui giocava erano “tutti sbagliati”, ella capì il conflitto che il figlio stava sperimentando tra il colore effettivo delle lettere dei cubi e i suoi colori sinestetici.
Anche alla signora Nabokov, infatti, accadevano fenomeni analoghi: oltre a percepire lettere e parole come colori, come capitava al figlio, percepiva cromaticamente anche la musica.
Anche Dimitri, figlio dello scrittore, era sinestetico. Un passaggio inequivocabile della caratteristica da padre a figlio avrebbe eliminato la possibilità di ereditarietà di origine sconosciuta, ma sfortunatamente la moglie di Valdimir Nabokov era anche lei sinestetica, quindi è impossibile determinare da quale genitore Dimitri abbia ereditato la sinestesia.

VLADIMIR VLADIMIROVICH NABOKOV (in russo Владимир Владимирович Набоков; pronuncia: vladímir nabókof) 23 aprile 1899, Pietroburgo  2 luglio 1977 Montreux, (Svizzera) è stato uno scrittore russo naturalizzato statunitense. Scrisse il suo primo libro in russo, ma fu con i suoi romanzi in inglese che raggiunse la notorietà.
L’opera più conosciuta di Nabokov è sicuramente il romanzo Lolita del 1955, spesso citato come uno dei più importanti testi narrativi del XX secolo (e da cui il regista Stanley Kubrick trasse l’omonimo film), seguito nello stesso anno da un altro romanzo scritto in lingua inglese: Pale Fire.
Compose altri scritti di argomento totalmente diverso, come alcuni contributi sull’entomologia e sul gioco degli scacchi.

Quadro con macchia rossa (1914).jpg VASILY KANDINSKY (1866-1944). Universalmente conosciuto come il fondatore dell’arte astratta, nacque a Mosca nel 1866. Nel suo sangue si erano confusi, con quello russo, il sangue  tedesco di una sua nonna materna e quello orientale di una sua bisnonna paterna, che era una principessa cinese.
Fu forse colui che ebbe la capacità più penetrante di capire la sinestesia, sia come fusione sensoriale, sia come idea artistica.
Egli esplorò la dolce relazione tra suono e colore e usò termini musicali per descrivere le sue opere, definendole “composizioni “  e “ improvvisazioni.”
La sua opera del 1912 “Il suono giallo”, 140 il suono giallo.jpg esprime una mescolanza di colore, luce, danza e ritmo. Kandinsky approfondì le spiegazioni analitiche e portò se stesso e il suo pubblico a sperimentare direttamente le sensazioni sinestetiche.
C’è un concetto importante nella sua famosa frase “smetti di pensare!” che è in relazione con una delle implicazioni della sinestesia, cioè quella di rovesciare il ruolo del pensiero e delle emozioni.

Kandinsky dimostra che la creatività è un’esperienza, non un’idea astratta, e che una mente intenta ad analizzare continuamente i concetti impedisce l’esperienza creativa.
Il suo proclama del 1910 così suggerisce:
“Abbandona il tuo orecchio alla musica, apri i tuoi occhi alla pittura e smetti di pensare! Chiediti soltanto se il pensiero ti ha reso incapace di entrare in un mondo finora sconosciuto. Se la risposta è sì, che cosa vuoi di più?”
L’idea/utopia di Kandinskij fu quella della  composizione scenica come sintesi delle arti, che troverà nel movimento de “Il Cavaliere azzurro” pieno compimento.

Per Kandinskij le composizioni sceniche sono opere artistiche che si differenziano dalla pittura solo perché esprimono il sentimento allo stato puro con mezzi diversi, ossia suoni, colori e movimenti, al fine di far vibrare l’anima dello spettatore, di vivificare la sua fantasia, di chiamarlo a partecipare all’opera rappresentata.
Per Kandinsky la musica era una sorta di ossessione: i colori venivano da lui avvertiti come un “coro” da fissare sulla tela.

“…In generale il colore è un mezzo che consente di esercitare un influsso diretto sull’anima. Il colore è il tasto, l’occhio il martelletto, l’anima il pianoforte dalle molte corde. L’artista è una mano che toccando questo o quel tasto mette in vibrazione l’anima umana.…”
In questo contesto, la gente era spinta a ritenere che la sinestesia avesse qualche legame con l’inconscio. Successivamente, però, l’attenzione tornò a concentrarsi sul comportamento obiettivo che può essere misurato o quantificato con gli strumenti.
Era affascinato dalla totale astrazione che si può raggiungere tramite la costruzione musicale.
“…Per noi pittori il più ricco ammaestramento è quello che si trae dalla musica. Con poche eccezioni e deviazioni la musica, già da alcuni secoli, ha usato i propri mezzi non per ritrarre le manifestazioni della natura, ma per esprimere la vita psichica dell’artista attraverso la vita dei suoni musicali…
La sua concezione di un universo armonico di suoni e colori congiunti lo portò a stabilire una connessione tra il timbro di alcuni strumenti musicali, colori, sensazioni:

COLORE STRUMENTO TIMBRO SIGNIFICATO
Giallo Tromba Squillante Splendente, simbolo di vivacità e gioia di vivere.
Azzurro Flauto Agile, brillante, ma pastoso. Freddo e tranquillo.
Verde Violino Penetrante, vibrante, versatile ed espressivo. Riposo, equilibrio, tranquillità.
Violetto Fagotto Pastoso, ritmico, struggente, penetrante. Solitudine, abbandono, mistero, magia.
Arancio Campane tubolari Ieratico, solenne. Misticismo, festa.
Blu Contrabbasso Basso, profondo, freddo e scuro. Un colore che sprofonda senza fine. Tranquillità.

Wassily Kandinsky interpreta la Quinta sinfonia di Beethoven attraverso forme e linee.

Il sogno-programma di Wassily Kandinsky, come già scritto prima, era la sintesi delle arti, ossia quell’opera d’arte totale di cui Wagner nel secolo precedente aveva ipotizzato e realizzato le linee guida nei suoi Melodrammi.
“…Sentivo a volte il chiacchiericcio sommesso dei colori che si mescolavano: era un’esperienza misteriosa; sorpresa nella misteriosa cucina di un alchimista”.

studio_case.jpg Anche il compositore russo ALEXANDER SCRIABIN (1872-1915) cercava un legame o sintesi tra diverse arti, in particolare tra la musica e i colori.
Alexander Scriabin espresse la sua personale sinestesia nella sua sinfonia del 1910, “Prometeo”, il poema del fuoco, per orchestra, piano, organo e coro, usando una tastiera muta, un clavier a lumieres, che faceva funzionare le luci colorate in forma di raggi, nuvole e altre forme, che si diffondevano nella sala da concerto e culminavano in una luce bianca così forte da essere dolorosa per gli occhi.
E’ fondamentale distinguere però queste rappresentazioni multisensoriali dalle esperienze involontarie che si possono definire come sinestesie.

CHE COS’E’ LA SINESTESIA

amici.jpg Lo studio della sinestesia è complesso e molto articolato. Il termine nasce alla fine dell’ Ottocento e trova luogo di diffusione e legittimità scientifica in Francia e in Inghilterra , per indicare un fenomeno percettivo umano molto particolare che riguarda l’incontro tra i vari sensi. Proprio in questo periodo nasce la psicologia sperimentale che inizia a dedicarsi a questa manifestazione percettiva che in sostanza  esplicita interconnessioni tra i sensi.

Theodore Flournoy (1854-1920) è tra i primi a studiare il fenomeno fornendo una rassegna sistematica. Un certo individuo, ad esempio, esperisce regolarmente una impressione di rosso quando sente il suono a. Un altro, pensando a un numero, non può impedirsi di figurarselo sempre come un punto determinato dentro una certa curva. Un terzo concepisce involontariamente il mese di febbraio sotto forma di un triangolo. Per un quarto il lunedì è un uomo abbigliato di blu. E così di seguito, senza che sia possibile scoprire nelle esperienze passate dell’individuo la causa di associazioni tanto barocche (Flournoy, 1893, p. 1).

composition IX, 1936.jpg Il termine sinestesia deriva dal greco sin = συν (attraverso)  estesia = αισθησίσ (percezione) ed indica una contaminazione dei cinque sensi nella percezione del percepibile. Più semplicemente indica quelle situazioni in cui una stimolazione uditiva, olfattiva, tattile o visiva è percepita come due eventi sensoriali distinti ma conviventi. Nella sua forma più blanda è presente in molti di noi, basta pensare a quelle situazioni in cui il contatto o la presenza di un odore o di un sapore ci evoca un’altra reazione sensoriale (la vista della frutta che viene percepita anche come sapore) ed è dovuta spesso al fatto che comunque i nostri sensi, pur essendo autonomi, non agiscono in maniera del tutto isolata e distaccata dagli altri. C’è da dire che la parola sinestesia nel tempo ha assunto diverse accezioni. Una è quella che abbiamo definito sopra, intesa nella sua accezione tecnica di sindrome nella quale “la stimolazione di un senso fa scattare automaticamente una percezione in una seconda modalità senza che questa sia stata stimolata direttamente”. Nell’Ottocento era indice di una forma deviante, una sindrome, genetica o acquisita, che caratterizza un numero ristretto di persone. Da molti considerata come una patologia.
Nel Novecento continua in parte questa definizione del termine sinestesia , grazie anche alla psicologia cognitivista e comportamentista che hanno accantonato il problema perché ritenuto privo di fondamento scientifico.
Solo negli ultimi  vent’anni lo studio sulla sinestesia dà segni di ripresa, oggi è soprattutto la neuroscienza ad affrontare il problema.

Un filone di ricerca intende la sinestesia come caratteristica specifica dell’uomo. La ricerca di Marco Mazzeo (Storia naturale della sinestesia. Dalla questione Molyneux a Jakobson, Quodli bet, 2005) ad esempio avanza un’ipotesi estrema: che la sinestesia costituisca un tratto essenziale della natura umana, che ci distingue dalle altre forme viventi sia a livello percettivo che linguistico. La questione Molyneux potrebbe essere così la prima pietra di una nuova scienza dell’umano ancora da costruire.
Herder riconosce nelle capacità sinestetiche uno degli spartiacque fondamentali tra ambiente animale e mondo umano; Mazzeo sottolinea il fatto che la specie umana sia quella più sinestetica all’interno del regno animale, in quanto la meno specializzata e la più generica e che lo scarto tra animali umani e non umani sia di natura percettiva e prelinguistica: gli Homo sapiens prima di qualsiasi attività verbale sono già in grado di effettuare trasferimenti sinestetici più complessi degli altri primati. Inoltre, costitutivo della nostra specie è un carattere di cronica immaturità (neotenia) che garantisce una plasticità biologica tale da consentire una ristrutturazione sensoriale ripetuta nel corso dell’ontogenesi. Mazzeo indaga più da vicino i rapporti tra sinestesia e linguaggio sottolineando l’importanza della parola per la percezione, come già messo in evidenza precedentemente da Leibniz e Diderot. Qui, però, la fondazione non è più a senso unico: sia la parola rafforza e amplia la tipologia delle connessioni sinestetiche, sia, viceversa, è la sinestesia che si pone come la condizione di possibilità stessa del linguaggio. E il luogo privilegiato in cui emerge il legame tra sinestesia e linguaggio è individuato nell’elemento creativo della metafora.